I primi giorni sono frenetici e sconvolgenti: non crediamo ai nostri occhi, quasi non riconosciamo quei luoghi che ci sono tanto familiari, diventati all’improvviso spettrali e deserti.
Il silenzio è totale: sentiamo solo il rumore dei nostri passi. Non parliamo, sussurriamo.
Incontriamo persone impaurite, che cambiano marciapiede prima di incrociarci.
Pian piano, spontaneamente, prende forma un filo conduttore che guida il nostro modo di scattare: stiamo distanti dai nostri soggetti.
Lo facciamo per mostrare il vuoto che c’è intorno alle persone che camminano o aspettano di entrare in un negozio, ma soprattutto per rispetto: delle regole di distanziamento, della privacy dei nostri concittadini, del dramma che ognuno sta vivendo.